Cercasi Robi disperatamente

Mariella aveva pensato subito che Robi sarebbe stato l’unico a comprenderla.  Lo trovò per strada, a vagabondare ai primi di agosto, l’estate in cui lei aveva deciso di fare la prima vacanza da sola. Le era sembrato che quel pastore tedesco facesse l’autostop. Restò qualche minuto ferma, con la macchina accesa, ma lui era così sconsolato che non ebbe alternative.

Aprì la portiera e gli disse «sali». Il cane però non aveva nessuna intenzione di muoversi. Stava lì, mogio mogio, ad abbaiare in quel modo che hanno i cani quando sono tristi ma non vogliono fartelo pesare.

Mariella vide in quell’atteggiamento un po’ sé stessa: malinconica e orgogliosa. Scese dalla sua auto con piglio deciso e si avvicinò al cane, che continuava a lamentarsi:

«Amico mio, lagnarsi non serve a niente. Bisogna accettare che le persone sono stronze, ma non sono tutte così. Ok?»

Il cane la guardava senza espressione.

«Almeno fammi un cenno che hai capito. Come ti chiami? Nebbia? Briciola? O ti hanno dato i nomi di persona, come va di moda ora? Ti chiamerai mica Osvaldo?»

Il cane la fissava in cagnesco.

«Oppure Robi? Ti chiami Robi?»

Il cane iniziò ad abbaiare in un modo che a Mariella non lasciò dubbi.

«Ho capito. Ti chiami Robi. Adesso dimmi se vuoi salire.»

Mariella stette ferma qualche istante accanto alla portiera. Robi si guardò intorno un’ultima volta per vedere se il suo vecchio padrone aveva cambiato idea e fosse tornato a riprenderlo. All’orizzonte solo macchine che sfrecciavano e gli facevano paura. Non avendo alternative, decise di accettare l’invito.

Mariella lo accolse con i Red Hot Chili Peppers sparati a manetta e questa frase: «Benvenuto a bordo, ma non rompere troppo le palle perché io la pazienza l’ho esaurita con i miei fidanzati. Ok?»

Robi si accucciò dietro e si appisolò, malgrado la musica. Era distrutto ed erano giorni che stava lì. Lei aveva avuto un cane da adolescente e poi aveva scelto sempre uomini che non volevano animali. Solo dopo intuì che quello fosse un segnale di come potesse andare a finire.

Per i due, fu una vacanza passata soprattutto a conoscersi, ma senza esagerare. Mariella non era una donna facile e Robi lo capì subito, per cui decise di farsi i fatti suoi. Quei tre giorni ad abbaiare sul ciglio di una strada lo avevano reso consapevole che era sempre meglio una crocchetta sicura di una vita vagabonda, tanto più se non voluta.

Lentamente, Mariella iniziò ad affezionarsi a quella bestia che all’inizio le faceva ripetere «chi me l’ha fatto fare» – soprattutto quando doveva raccogliere i suoi bisogni – ma poi si rese conto che le stava facendo fare qualcosa di buono, ad esempio muoversi, lei che era innamorata di tutte le poltrone, compresa quella del dentista. E poi era un cane che faceva simpatia, per cui le sue passeggiate silenziose erano diventate molto meno monotone.

Quando tornò in città dopo le vacanze, la vita di Mariella cambiò. Robi era diventato il compagno che le mancava e l’aiutava a scandire il tempo, anche se il suo appartamento era troppo piccolo per lui. Per cui vide in quella necessità il motivo per cambiare casa.

Così si mise d’impegno e in poco tempo trovò un appartamento con un piccolo giardino appena fuori città. Era più grande il giardino della casa, ma a lei non interessava più di tanto. Robi le dava serenità, la teneva in forma e non le faceva sentire la necessità di avere nuovi contatti umani.

Un giorno Mariella tornò dal lavoro e Robi non c’era più.

Non era nascosto in giardino, non era entrato in casa, nessuno lo aveva visto. Scomparso nel nulla.

Lei iniziò a gridare «Robi» ad alta voce per tutto il quartiere, citofonando direttamente alle casette di fianco alla sua per sapere se qualcuno lo avesse visto.

Non solo nessuno aveva notizie del cane, ma neppure le rispondevano. Mariella si aggrappò all’ultimo campanello con così tanta foga che un uomo fu costretto ad affacciarsi.

«Ciao, scusa l’insistenza, ma è sparito il mio cane. L’hai visto?»

«Quello che chiamavi Robi?»

«Si chiama così.»

«Ho capito qual è… ma oggi non mi sono mai affacciato fuori. Vuoi entrare e vediamo cosa fare?»

«Ma io devo cercare il mio cane.»

«E io voglio aiutarti.»

L’uomo insistette e Mariella entrò. Era una casa molto più curata della sua, e particolarmente in ordine, ma in quel momento a lei non interessava. Giorgio, così si chiamava, si diede subito da fare.

«Hai per caso una foto di Robi sul telefono?» le chiese, e Mariella lo guardò esterrefatta. Aveva solo foto del suo cane!

Così si misero a spulciarle e ne scelsero una in cui fosse facilmente riconoscibile, e Giorgio la stampò in molte copie, con un messaggio: «Cercasi Robi disperatamente». Andarono in giro per il quartiere e attaccarono quell’avviso su molti pali, qualche angolo, anche su alcuni tronchi di albero nel parco vicino. Tornarono verso casa fiduciosi.

«Perché ti sei dato tanto da fare per me, che a malapena mi conosci?»

«Perché anch’io avevo perso un cane tempo fa. E dopo due giorni è tornato… sono passati tanti anni, lui non c’è più, ma so cosa provi.»

«Quindi posso essere ottimista?»

«Devi.»

Si salutarono scambiandosi i numeri di telefono, con la promessa che appena ci fosse stata una notizia si sarebbero chiamati.

Per tre giorni ricevettero solo le telefonate di qualche mitomane che voleva prenderli in giro. Poi la situazione passò tristemente alla normalità, fino a che il cellulare si ammutolì del tutto, a parte le offerte promozionali.

Mariella si chiuse in se stessa e tornò alla sua vita destinata alla solitudine.

Quando ormai non ci sperava più, il telefono squillò: era Giorgio.

 «Ho trovato Robi…»

«Noooo… davvero?»

«Sì. Credo sia proprio lui… l’ho beccato al parco, solo, spaurito. Chissà da quanto tempo era là. Tra poco siamo da te.»

Mariella mise su la macchinetta del caffè perché era troppo agitata e non sapeva cosa fare.

Dopo pochi minuti che le sembrarono interminabili sentì una macchina fermarsi davanti al suo cancello. Si affacciò e corse fuori. Davanti a sé, però, trovò un estraneo.

«Ma non è Robi.»

«No??? Cavolo… sembrava proprio lui.»

«Lo so… ma non lo è.»

«Quindi lo riporto al parco?»

«Beh, sì. O no.»

Quel cane la guardò e iniziò ad abbaiare, ma senza ringhiare. Era un grido d’aiuto, sincero e schietto. Mariella non ebbe alcuna esitazione, lo guardò e gli disse: «E va bene, entra. Ma guai se anche tu te ne vai.»

Giorgio non ebbe il coraggio di dirle che quel cane glielo aveva comprato.

Salì in auto per andare via, ma Mariella lo fermò: «È vero che amo gli animali ma due chiacchiere con te le farei volentieri… Lo bevi un caffè?»

Lui sorrise e mise piede in quella casa da cui sarebbe uscito solo dopo molto, molto tempo.

 

 

 

 

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